Michelangelo Capua es el autor de la biografía sobre Montgomert Clift "Vincitore e Vinto". En esta web, publican una entrevista al escritor sobre esa biografía. El texto está en italiano pero se entiende bien.
Michelangelo Capua è l'autore della biografia di Montgomery Clift, "Vincitore e vinto", pubblicata da Lindau (262 pp., 22 €).
Un testo importante perché recupera alla memoria un attore troppo presto dimenticato, fiaccato dagli eccessi e - ad un certo punto - anche da un incidente che invece di ucciderlo (e consegnarlo al mito come James Dean) lo sfigurò e lo fece cadere in depressione.
Un personaggio complesso, più noto in Italia per il suo nome, forse, che per le sue interpretazioni: ci è parso doveroso approfondire l'argomento con l'autore.
Perché Montgomery Clift? Domanda inevitabile. Come nasce il progetto e come si è avvicinato al personaggio?
Il progetto è nato per caso, un'amica anni fa mi ha consigliato di leggere una biografia scritta su di lui negli anni '80 in America. La vita di Monty mi ha così affascinato che ho visto subito tutti i suoi 17 film e ho cominciato a ricercare del materiale per mio solo interesse personale. Poi ho scoperto che in Italia non era mai stato pubblicato nulla su di lui e ho deciso di scrivere un libro. Dopo 2 anni di ricerche e interviste. Ne ho inviato una copia a vari editori italiani specializzati in libri del cinema e Lindau ha accettato di pubblicarlo.
L'impressione è proprio quella di un talento non pienamente espresso: è così? Dove sarebbe potuto arrivare Clift?
In effetti è così, il talento non fu pienamente espresso soprattutto per il suo carattere difficile ed estremamente esigente sempre alla ricerca di parti che lo soddisfacessero. Monty avrebbe potuto essere quello che Brando è diventato, l’attore simbolo della Hollywood degli anni '50, ma il bere smodato e l’abuso di psicofarmaci, assieme ai problemi d’accettazione della sua omosessualità, glielo hanno impedito portandolo ad una morte precoce.
17 film in carriera: per chi non lo conosce da cosa consiglia di iniziare (e perché)?
Consiglierei di vedere quattro film che sono indicativi della sua breve ma intensa carriera e sono disponibili in Italia in DVD: L’Ereditiera, per gli esordi, Un posto al sole e Da qui all’eternità (due grandi successi) e Improvvisamente l’estate scorsa (film della maturità e post-incidente).
Dopo il grave incidente rimase sfigurato: davvero 'morire giovani' è la condizione unica per entrare nel mito?
Morire non è l’unico modo per assurgere a mito, Brando è un mito e non è morto prematuramente così come un altro mito nel mondo del teatro è Laurence Olivier che ha recitato fino a 80 anni. Morire giovani come è successo per Marilyn e Dean aiuta in quanto i personaggi sono per sempre ricordati nel fiore degli anni all’apice del successo e della bellezza fisica.
Il rapporto con John Huston sembra decisamente conflittuale...
Huston e Monty avevano due caratteri difficili ed esigenti, ma le personalità erano profondamente diverse e per questo spesso si scontravano, tuttavia la stima era talmente grande che nonostante tutti i problemi avuti sul set di Freud e le cause giudiziarie, Monty, forse anche in maniera masochistica, accettò di lavorare di nuovo con lui ne Gli spostati e poi in Riflessi in un occhio d’oro, che però non riuscì a fare perché morì improvvisamente qualche settimana prima dell’inizio delle riprese, e Huston lo sostituì con Brando.
Che opinione si è fatto di Clift a fine lavoro? E' cambiata rispetto a quella che aveva all'inizio?
Quando ho terminato di scrivere questo libro, ho sentito per settimane “la mancanza” di Monty in quanto per due anni e mezzo ho convissuto con lui e con la sua vita. L’opinione sull'attore non è cambiata in quanto lo considero un grande di quella generazione. Come persona forse mi ha deluso il modo in cui ha sprecato il suo talento e la sua vita, se fosse vissuto oggi certamente non avrebbe avuto tutti quei problemi d’auto-accettazione sessuale che all’epoca dovevano essere repressi al 100%, anche se per molti altri attori della sua generazione, come Rock Hudson o Anthony Perkins, l’omosessualità è stata affrontata in maniera meno traumatica.
Lei ha già scritto su Vivien Leigh e su Anthony Perkins: su chi vorrebbe scrivere ora (o sta già scrivendo)?
Ho pubblicato l’anno scorso in Italia una biografia su Gérard Philipe (Falsopiano), che è un po’ il Montgomery Clift francese, e negli Stati Uniti la biografia di Yul Brynner. Mentre è appena uscito solo in America un mio libro su William Holden. In Italia purtroppo si legge poco e ancora meno di cinema per cui le pubblicazioni di biografie di attori anche famosi vengono pubblicate solo se sono personaggi commerciali come Marilyn Monroe, Audrey Hepburn o Grace Kelly, di cui si sa ormai tutto e non c’è proprio più nulla d’aggiungere, ma che vendono comunque. Io scelgo personaggi che hanno fatto la storia di Hollywood, ma dei quali si sa molto poco. Un modo per farli riscoprire anche da chi non li conosce. Sto ultimando la vita di Deborah Kerr, una grande attrice inglese, ma sono sicuro che anche questa sarà pubblicata solo oltreoceano.
Come ha organizzato il lavoro per questa biografia?
La biografia di Monty è stata la prima che ho pubblicato. All’epoca vivevo a New York, lì ho prima raccolto tutto il materiale cartaceo presente in varie biblioteche e ho avuto accesso ad un archivio privato dove ho trovato moltissime notizie e fotografie inedite, poi ho rintracciato colleghi, amici e conoscenti ancora in vita che ho intervistato. Mi ha aiutato molto l’aver rintracciato la segretaria di Monty, la quale mi ha raccontato molte notizie e aneddoti inediti, appena in tempo perché purtroppo è scomparsa qualche mese prima dell’uscita del libro nella traduzione inglese.
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